Associazione Jambo“Un altro mondo è possibile:
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LA STORIA DEL RIBALTAMENTO Raccontava il Vecchio Antonio che, in qualche momento della storia dell'umanità, il ricco ingannò tutti e, con l'oro, costruì un grande specchio e lo mise di fronte al mondo. Non ricordo ora se l'installazione dello specchio fu precedente, posteriore o contemporanea all'installazione del furto, lo sfruttamento, la repressione ed il disprezzo come sinonimi di una "civiltà" che si impose col sangue, fuoco e fango sui popoli indios del Continente Americano. In ogni caso, non importa per questa storia che ora vi racconto. Il grande specchio d'oro, visto che era uno specchio, mostrava tutto invertito: quello che stava sopra, appariva sotto, la bugia somigliava alla verità, il cattivo simulava bontà e l'ingiustizia appariva vestita con la veste della perpetuità e dell'irrimediabile. Forse per la potente lucentezza, forse per la novità, forse per la pigrizia nel pensiero, forse per tutto questo, gli uomini e le donne smisero di guardare in basso ed alzarono lo sguardo mentre abbassavano la saggezza. Obbligati in ogni modo a guardare verso l'alto - raccontava il Vecchio Antonio - gli uomini e le donne pensarono che il riflesso che vedevano fosse la realtà, e credettero che niente avrebbe potuto cambiare questo. Perché nel mondo di sopra, quello dello specchio d'oro, non solo si vedeva alla rovescia tutto quello che era stato dritto, ma si vedeva anche come se fosse sempre stato così e non sarebbe mai cambiato. Fu così che, per opera dello specchio imposto, vennero sulle nostre terre dei e governi, tutti falsi, tutti illegittimi, tutti prepotenti, tutti ingiusti, tutti dall'alto. I primi dei, quelli che crearono il mondo, si trovavano da un'altra parte. Forse fu per questo che non si resero ben conto di quello che era successo. E quando ritornarono, loro stessi cominciarono a credere di non essere i primi ed i creatori, ma che il mondo si era messo a girare per il soffio magico del dio del denaro. Invertita la rotta dell'inizio dei tempi, il cambiamento di tutto il resto avvenne quasi come qualcosa di irrimediabile e fatale. La libertà che fece fare al mondo i suoi primi passi, divenne schiavitú e quello in alto fu chiamato salvatore mentre ammazzava. La terra, prima la madre e guardiana, fu trattata come nemico e fu perseguitata, torturata, sottomessa a leggi che non erano le sue, assassinata dalla morte del rispetto per lei. Ma gli dei, i primi, le creatrici, sapevano già da prima che il tempo della smemoratezza sarebbe arrivato, e che in quel tempo, tutto sarebbe stato visto e valutato alla rovescia. Quindi, in tempi molto precedenti a quello della smemoratezza, avevano dato ad alcune donne ed uomini il compito di ricordare, di non dimenticare, di avere memoria. Disse il Vecchio Antonio, un'alba come quella che partorì questo caldo giorno, ma 20 anni fa ed in un maggio governato dal sole di mezzanotte, che questi recordadores, I Guardiani, avevano imparato a ribaltare le cose, cioè, a sovvertirle. Perché la memoria de I Guardiani era piena delle immagini primordiali e, con loro come realtà, tutto vedevano e tutto guardavano. Come se stessero sognando, guardavano e nominavano le cose. Per questo nominavano le cose come le vedevano, non com'erano. Per esempio, quando nominavano la parola "libertà", non si riferivano al frenetico inganno di una schiavitú opzionale nella forma e la stessa nel fondo, ma a rendere degno, il rispetto proprio, il rispetto dell'altro ed il rispetto per la terra, la madre. Per questo, disse il Vecchio Antonio, quando I Guardiani dicevano qualcosa, la nominavano, e cominciavano a fare come se fosse realtà quanto appena fatta parola. Ed il Vecchio Antonio disse che non era che le cose apparissero comunque, ma già erano state dimenticate. I Guardiani non creano o inventano, ma ricordano e danno voce alla memoria, disse il Vecchio Antonio. Per questo, raccontano, si potrebbe pensare che quando gli zapatisti rompono l'orologio dell'alto il primo gennaio 1994, non fanno altro che cominciare a rompere molte altre cose, tra cui l'immagine di un paese rassegnato e sottomesso al tiranno. Invece no. Non sono le cose ciò che rompono, ma il riflesso delle cose nello specchio dell'alto. Per questo - e questo non lo disse il Vecchio Antonio, ma lo dico io col suo consenso e, spero, col vostro - la sovversione non è che un atto di elementare giustizia; "ribaltando" le cose, rovesciandole, turbando l'ordine stabilito, sovvertendo i calendari e le geografie, gli indigeni zapatisti non fanno altro che avvisarci che è in basso che bisogna guardare, che è in basso dove la memoria conserva le sue luci più luminose, che è in basso dove l'eternità del potente è solo un cattivo alito nella lunga respirazione della madre terra. Il “Ribaltamento” è dunque, secondo il Vecchio Antonio, uno sforzo ed un dovere zapatista e consiste, grosso modo, nel ribaltare quello che sta un modo e metterlo in un altro modo, cioè, sovvertirlo. Da qualche parte del nostro viaggio attraverso l'Altra Geografia del nostro paese, per il Messico del Basso, dissi che la libertà, come il sesso, è una droga. Che qualcuno la prova e ne voleva di più… e di più…e ancora... Forse. Ma forse bisognerebbe anche aggiungere che la libertà è contagiosa. Perché nel nostro farci compagne e compagni con le altre e gli altri ribelli, qua in basso, abbiamo sentito e visto che ogni volta sono sempre di più quelli che alzano come bandiera quello che poi sarà vento: il "ribaltamento" del sistema, cioè, il suo sovvertimento. Il ritorno del mondo nella sua posizione originale, in piano, senza sopra né sotto, senza sfruttatori né sfruttati, senza ladri né derubati, senza repressori né repressi, senza umiliatori né umiliati. Un mondo senza capitalisti. Cioè, un mondo senza padroni. Quando noi zapatisti finiremo di fare quello che dobbiamo fare, quando termineremo con il "ribaltamento", il mondo sarà tanto diverso che un giorno il sole si sveglierà al mattino, sorpreso, levandosi dalle terre dello Yaqui, del Seri, del Mayo, del Pima, dell'Od´ham, e si leverà camminando allora verso oriente, per andare a riposare, col suo miglior abito rosso, tra le braccia dell'ombra delle montagne del sudest messicano, dove i morti che siamo aspetteremo di nuovo il tempo di morire di nuovo, per vivere di nuovo… Bene. Salute e che il "ribaltamento" contagi come mi contagia la luce che ferisce la mia ombra. Dal Nordovest del Messico P.S. - È già mattina quando Ombra, il guerriero, con cura, come se si trattasse di tesori, raccoglie dal suo corpo rotto i resti della memoria di una luce. Con ognuno ripete i suoi scongiuri: "Che non mi dimentichi / che ai suoi occhi manchi il mio sguardo / che il suo corpo si senta incompleto senza il mio / che al suo cuore manchi il mio battito / che lei, la cui grandezza ammiro, mi ammetta nell'alto volo del suo sogno" Nel cielo delle Ore di Giugno, la luna è una ferita che non duole… (traduzione del Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)
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ultimo aggiornamento: 8-Dic-2010