Associazione Jambo“Un altro mondo è possibile:
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Quanto è grande il mondo? Dopo una giornata trascorsa nelle riunioni preparatorie dell'altra campagna (era settembre, era l'alba, era la pioggia di una nuvola lontana), ci dirigevamo verso la capanna dove stavano le nostre cose quando c'imbattiamo in un cittadino, alle buone, che mi dice: "Senta Sup, che cosa si propongono gli zapatisti?". Senza neanche fermarmi gli ho risposto: "Di cambiare il mondo". Arriviamo alla capanna ed incominciamo a preparare le cose per andarcene e l'insurgente Erika ha atteso che rimanessimo soli, si è avvicinata e mi ha detto: "Senti Sup, ma il mondo è molto grande", come se cercasse di far in mdo che mi rendessi conto dello sproposito che stavo proponendo e che, in realtà, non sapevo quello che stavo dicendo quando avevo detto quello che avevo detto. Seguendo l'abitudine di rispondere ad una domanda con un'altra domanda, le risposi: "Quanto grande?". Lei si è fermata a guardarmi e quasi con tenerezza mi ha risposto: "Molto grande". Io ho insistito: "Sì, ma quanto?". Lei ci ha pensato un momento ed ha detto: "Molto più grande del Chiapas". In quel momento ci avvisano che dobbiamo andarcene. All'arrivo all'accampamento, dopo aver messo a posto il Pinguino, l'Erika è arrivata da me, con un mappamondo a globo, di quelli che usano nella scuola elementare. L'ha messo per terra e mi ha detto: "Guarda Sup, qui in questo pezzetto c'è il Chiapas e tuuuuuuuutto questo è il mondo", e dicendolo ha quasi accarezzato con le sue brune mani il globo. "Mmh", ho mormorato accendendo la pipa per prender tempo. L'Erika ha insistito: "Hai visto che è molto grande?". "Sì, però non lo cambieremo da soli, lo cambieremo con molti compagni e compagne di tutte parti". In quel momento la chiamano per il suo turno di guardia. E lei, dimostrando di aver già imparato, prima di andarsene via mi lancia: "E ci sono così tanti compagni e compagne?". Quanto è grande il mondo? Nella valle di Tehuacán, nel Sierra Nera, nel Sierra Nord, nella zona periferica di Puebla, dagli angoli più dimenticati dell'altra Puebla cominciano ad arrivare delle risposte: In Altepexi risponde una giovane donna: più di 12 ore giornaliere di lavoro nella maquiladora, a lavorare i giorni di riposo, nessuna facilitazione, né mutua, né tredicesima a Natale, né premi di produzione; l'autoritarismo ed i maltrattamenti del gerente o del caposquadra, venir punita senza stipendio quando mi ammalo, vedere il mio nome in una lista nera affinché non mi dìano lavoro in nessun'altra maquiladora; se cerchiamo di protestare il padrone chiude e se ne va da un'altra parte, il trasporto è pessimo ed arrivo molto tardi a casa e vedere le bollette della luce, dell'acqua, il catasto, fare i conti e vedere che non ci arrivo; darsi conto che non c'è neanche acqua da bere, che il bagno non scarica e la strada appesta. Ed il giorno seguente dopo aver dormito male e mangiato poco, di nuovo a lavorare. Il mondo è così grande come la rabbia che sento per tutto questo. Una giovane indigena mixteca: mio papà se n'è andato più di 12 anni fa negli Stati Uniti, mia mamma lavora cucendo palloni, le pagano 10 pesos per ogni pallone e se non le viene bene uno, le fanno pagare 40 pesos di multa. Non pagano subito, ma la volta seguente che ritorna il contrattista. Mio fratello sta preparandosi per partire. Noi donne siamo sole in tutto questo, a tirare avanti con la famiglia, la terra, il lavoro. Cosicché ci tocca anche tirare avanti la lotta. Il mondo è così grande come la rabbia che mi viene per tutta questa ingiustizia, una rabbia così grande che mi fa ribollire il sangue. In San Miguel Tzinacapan una coppia matura si guarda e risponde quasi all'unisono: il mondo è del volume del nostro impegno a cambiarlo. In Huitziltepec, da una scuoletta autonoma, una televisione ribelle trasmette una verità: il mondo è così tanto grande che ci sta la storia della comunità e del suo affanno e della sua lotta per voler continuare ad affacciarsi all'universo con dignità. Una signora, artigiana indigena, della stessa altezza della defunta comandante Ramona, aggiunge in un soffio di voce: "Il mondo è così grande come l'ingiustizia che sentiamo perché ci pagano una miseria per quello che facciamo e le cose di cui abbiamo bisogno le vediamo da lontano, perché non le avremo mai". - Hai tabacco? Non mi è rimasto il minimo dubbio e così, con più rassegnazione che entusiasmo, ho detto: - Durito...! - Nessun "Durito"! Io sono il più grande riparatore di torti, il soccorso dell'indifeso, la consolazione dell'abbandonato, la consolazione del debole, il sogno irraggiungibile delle femmine, il poster favorito dei bambini, l'inconfessabile invidia degli uomini, il... - Ferma, fermati! Sembri candidato nella campagna elettorale - dico a Durito, tentando di interromperlo. Inutilmente, come si può vedere, perché prosegue: - ... il più gagliardo della razza che ha abbracciato la cavalleria errante: Don Durito della Lacandona SA di CV di RL e col permesso delle giunte di buon governo. Dicendo questo, Durito mostra, sul suo guscio, una decalcomania su cui sta scritto:"Permesso della giunta di buon governo. Municipio Autonomo Ribelle Zapatista (Marez) Charlie Parker". - "Charlie Parker"?. Non sapevo che avessimo un Marez con quel nome, almeno non c'era ancora quando sono partito - ho detto sconcertato. - Chiaro! dato che l'ho fondato appena prima di andarmene da là per venire in tuo aiuto - dice Durito. - Che strano, io ho chiesto che mi mandassero tabacco, non uno scarabeo - rispondo/protesto. - Non sono uno scarabeo, sono un cavaliere errante che è venuto a tirarti fuori dalle difficoltà in cui ti sei messo. - Io? in difficoltà? - Sì, non fare "l'eroe prezioso" alla Mario Marín di fronte alle registrazioni che danno l'idea delle sue vere qualità morali. Sei o non sei in difficoltà? - Buono, difficoltà, che significa difficoltà, però... sì, sono in difficoltà. - Lo vedi? Per caso non desideravi che io, il migliore dei cavalieri erranti, venisse a soccorrerti? Lo penso appena un istante e rispondo: - Bene, a onor del vero no. - Andiamo, non nascondere la tua felicità, la grande allegria e quell'incredibile entusiasmo che c'è nel tuo cuore al vedermi di nuovo. - Preferisco nasconderlo - dico rassegnato. - Bene, bene, basta con le feste ed i fuochi artificiali di benvenuto. Qual è il malandrino che devo sconfiggere col braccio che ho in basso ed a sinistra? Dove sono i tal dei tali Kamel Nacif, Succar Kuri, ed altra gente di così bassa levatura? - Nessun malandrino né niente a che vedere con la banda degli svergognati. È che bisogna rispondere ad una domanda. - Allora? - mi fa fretta Durito. - Quanto è grande il mondo? - gli domando. - Bene, la risposta ha una versione corta ed una lunga. Quale preferisci? Guardo l'orologio. Sono le 3 di notte ed mi si stanno chiudendo le palpebre e mi sta scendendo il berretto sugli occhi, cosicché dico senza dubbi: - La versione corta. - Come la versione breve! Sono forse venuto seguendo le tue orme per otto stati della Repubblica Messicana per esporre la versione corta! Arance marce, niente mais per le colombe, nella torta niente, dispari, negativo, scartato, no. - Bene - dico rassegnato -, allora la versione lunga. - Bravo, mio nasone transumante! Prendi appunti... Prendo la penna ed il quaderno. Durito detta: Se lo guardi dall'alto, il mondo è piccolo e di color verde dollaro. Sta perfettamente nell'indice di prezzi e nelle quotazioni della borsa valori, nel tasso dei guadagni di una multinazionale, nell'inchiesta elettorale di un paese che ha sofferto il sequestro della sua dignità, nella calcolatrice cosmopolita che somma capitali e sottrae vite, monti, fiumi, mari, sorgenti, storie, civiltà intere, nel piccolissimo cervello di George W. Bush, nella breve portata delle mire del capitalismo selvaggio malvestito da neoliberalista. Guardato dall'alto, il mondo è molto piccolo perché prescinde dalle persone ed al loro posto, c'è un numero di un conto bancario, senza altri movimenti che quello delle entrate. Ma se lo guardi dal basso, il mondo si amplia tanto che non basta uno sguardo per avvolgerlo, ma sono necessari molti sguardi per completarlo. Guardato dal basso, il mondo abbonda di mondi, quasi tutti dipinti col dolore della spoliazione, della miseria, della disperazione, della morte. Il mondo in basso cresce verso i lati, soprattutto verso il lato sinistro ed ha molti colori, quasi quanti le persone e le storie. E cresce pure all'indietro, verso la storia che lo ha reso mondo in basso, e cresce verso se stesso con le lotte che lo illuminano, anche se la luce dall'alto viene spenta, e suona anche se il silenzio di sopra lo schiaccia. E cresce anche in avanti indovinando in ogni cuore il domani che partoriranno quelli che in basso sono quelli che sono. Guardato dal basso, il mondo è così grande che ci stanno molti mondi ed ancora c'è così eccesso di spazio che ci può stare, per esempio, una prigione. Cioè, riassumendo, visto dall'alto, il mondo si rimpicciolisce e non ci sta altro che l'ingiustizia. E, visto dal basso, il mondo è così spazioso che c'è posto per l'allegria, la musica, il canto, il ballo, il lavoro degno, la giustizia, l'opinione ed il pensare di tutti, non importa quanto diversi siano quelli in basso che sono quello che sono. Ho fatto appena a tempo a scrivere. Rileggo la risposta di Durito e gli domando: - E qual è la versione corta? - La versione corta è la seguente: il mondo è tanto grande come il cuore che prima gli fa male e dopo lotta, insieme a tutti quelli in basso ed a sinistra. Se ne va Durito. Io continuo a scrivere mentre nel cielo la luna si esaurisce con la lubrica carezza della notte... ... Vorrei azzardare una risposta. Immaginare che a lei, con le mani, sciolgo i capelli ed il desiderio, che le appendo un sospiro alle orecchie e, mentre le mie labbra salgono e scendono per le sue colline, capire che il mondo è tanto grande come la sete che ho del suo ventre. O, per essere un po' più decente, cercare di dire che il mondo è tanto grande come il delirio di volerlo "altro", come l'ascolto che è necessario per abbracciare tutte le voci in basso, come questo altro affanno collettivo di camminare controcorrente unendo in basso ribellioni, mentre in alto separano solitudini. Il mondo è così grande come punta spinosa della pianta dell'indignazione che innalziamo, sapendo che da lei nascerà il fiore del domani. Ed in quel domani, l'Università Ibero-americana sarà un'università pubblica, gratuita e laica e nei suoi corridoi e nelle sue aule ci saranno operai, contadini, indigeni e gli altri che oggi ne stanno fuori. È tutto. Le vostre risposte devono essere presentate entro il 30 febbraio ed in triplice copia: una per la vostra coscienza, un'altra per l'altra campagna ed un'altra con l'intestazione che dica chiaramente: Warning, per quelli che pensano in alto, ingenuamente, di essere eterni.
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ultimo aggiornamento: 8-Dic-2010