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“Relazione e Immagini dal Kurdistan 2010”

 

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“La cosa più bella delle rivolta kurda sono le donne che si alzano in piedi e prendono la parola, che da un avamposto all’altro hanno comandato reparti di uomini , che hanno saltato secoli in una generazione. La cosa più bella della rivolta kurda è la parola kurda, la canzone, il manifesto , il vocabolario trasmesso finalmente ad alta voce. Le cose più belle della rivolta kurda sono le montagne. Lassù è nato un popolo di liberi. La sua scuola è tra le rocce , la sua università nella prigione di Diyarbakir." ( Erri De Luca)

Relazione Kurdistan 2011, in formato .pdf

COL POPOLO KURDO: NEWROZ 2010
(a cura della delegazione italiana a Uludere, Idil , Sirnak e Hasankeyf)

I Kurdi rappresentano il popolo più numeroso del pianeta senza una terra. La maggior parte di essi vive nella Turchia orientale. Dal 1920 chiedono il diritto ad esistere , ad avere rispettata la loro lingua, la loro storia, la loro cultura. Non l’hanno ancora ottenuto. Hanno cercato il dialogo, hanno usato le armi per difendersi, hanno proposto una soluzione negoziata; ma la Turchia non li ha mai ascoltati. Ha sempre usato, nei loro confronti, violenza e spietatezza.
Noi tutti, che conosciamo ed amiamo il popolo kurdo, speravamo che con i negoziati per l’entrata nella UE, la Turchia armonizzasse e mettesse in pratica le leggi che si è data per il rispetto delle minoranze. Non è così, lo abbiamo constatato. Abbiamo il timore, condiviso da tutti gli amici kurdi, che niente sia di fatto cambiato e che il sogno di vedere risolta la questione kurda rimanga tale. Osserviamo anche un grande disinteresse per questo popolo fiero e coraggioso in Italia e in Europa, per questo la Turchia si sente libera di continuare la sua politica nazionalista. Questa nazione, ponte tra l’occidente e l’oriente ha sempre rivestito un ruolo fondamentale sul piano politico-strategico-militare per la UE: forse per questo motivo gli standard minimi di democrazia possono essere sacrificati per altre ragioni? Non vogliamo crederlo. Vogliamo credere, invece, che le nostre osservazioni ed i rapporti delle associazioni, che in Kurdistan, si battono per il rispetto dei diritti umani, verranno prese in considerazione.

NEL PAESE CHE NON C’E’
Siamo in Kurdistan , come osservatori di pace; consapevoli di aver scelto la zona più problematica, il Botan, al confine con l’Iraq dove è maggiormente presente la lotta partigiana, ad alcune ore di cammino a piedi c’è Kandil.
L’ultimo rapporto sulle violazioni dei Diritti Umani (DU) in Kurdistan dell’IHD (Organizzazione turca per i diritti umani) è sconcertante:
35992 violazioni dei DU comprovate nel 2008 di cui :
798 casi di tortura (la Turchia ha ratificato la convenzione contro la tortura)
378 morti e 352 feriti durante operazioni militari( spesso nella zona di Sirnak i cadaveri dei guerriglieri vengono mutilati e non riconsegnati alle famiglie)
799 violazioni dei diritti dei detenuti
5315 persone arrestate e/o detenute per reati di opinione
1572 minori giudicati e condannati in tribunali per adulti ( la Turchia ha ratificato la Convenzione sui diritti dei minori),
58 incendi di foreste in seguito ad operazioni militari.
Questo rapporto, che data dicembre 2009 è stato redatto da Muharren Erbey , presidente dell’Ihd di Amed ( Diyarbakir per i turchi) poco prima di essere arrestato la notte del 26 dicembre 2009, con l’accusa di essere un esponente di una organizzazione illegale, solo per aver parlato della questione kurda in Europa ed aver partecipato ad un workshop sulla costituzione turca. Mentre scriviamo è ancora in carcere.
Rimangono irrisolte pesantissime violazioni nei confronti del popolo kurdo:
restano proibiti scuole, libri, associazioni . I partiti kurdi sono permessi solo sulla carta, perché l’attuale BDP è già stato chiuso ed ha cambiato nome ben 7 volte.
si trovano agli arresti 8 sindaci regolarmente eletti per aver parlato ai propri elettori in lingua kurda
donne, uomini e minori kurdi fermati o detenuti vengono regolarmente torturati nelle stazioni di polizia e nelle carceri
nelle carceri turche ci sono 4835 prigionieri politici kurdi
vengono sistematicamente ostacolate la ricerca, le esumazioni e le indagini sulla sorte dei 17000 kurdi scomparsi; tra loro anche noti scrittori, politici e attivisti per i DU
a tuttora non è stata avviata la ricostruzione dei 3876 villaggi kurdi distrutti durante l’offensiva militare degli anni ‘90
circa 2 milioni di sfollati provenienti dai villaggi distrutti non sono stati riallocati né hanno alcuna possibilità di tornare a casa.
Il nostro viaggio inizia ad Amed, per i turchi Diyarbakir, per poi raggiungere la nostra meta: il Botan.

AMED
Amed ha 600000 abitanti, distribuito in 42 quartieri. La sua storia risale a 9000 anni fa. Da sempre è stata crocevia di genti diverse, appartenenti a differenti religioni, che si rispettavano vicendevolmente. Ma Amed è la città dei bambini, sono 20000, vivono in strada, molti sniffano colla, sono figli di sfollati dai villaggi distrutti, figli di prigionieri politici, senza casa, senza scuola, senza cure mediche. E’ la maggiore emergenza della città.
Dopo una breve passeggiata lungo le antiche mura , visitiamo il MKM “ Dicle Firat” , centro culturale gestito da giovani kurdi, che mantengono vive la cultura , le tradizioni e la storia kurda Si organizzano corsi di teatro, musica, poesia, si raccolgono miti e leggende della tradizione kurda orale. Baris , che ci parla di questo centro, sottolinea anche che il lavoro che stanno facendo è quotidianamente a rischio , molti attivisti del MKM infatti sono stati arrestati, torturati e incarcerati.

Siamo nel Botan: laboratorio di sperimentazione militare
Il Botan è una delle regioni più povere dell’intera Repubblica turca, regione del Kurdistan turco), volutamente dimenticata dal governo di Ankara, è posta al confine con Siria e Iraq, è zona montuosa, lì si trova il monte Cudi, dove alcuni archeologi pensano sia l’arca di Noè. E’ anche zona di guerriglia, qui è nato il movimento partigiano circa 30 anni fa e qui c’è la più alta concentrazioni di caserme, posti di blocco, accampamenti militari.

Xerzek , per i turchi Idil
E’ una cittadina di 23000 abitanti, che vive di agricoltura e pastorizia. Non ci sono insediamenti industriali e la situazione economica è pessima. Scarso è anche l’aiuto governativo , perché questa municipalità è retta dal partito filokurdo. Lo scorso dicembre , dopo la chiusura del DTP , 30 esponenti politici sono stati arrestati . In seguito alle proteste scoppiate per questi fatti 6 ragazzini tra i 15 e i 17 anni sono stati arrestati per “ danneggiamento a beni pubblici”.E’anche una zona di passaggio per i rifugiati interni , che hanno ancor meno diritti dei residenti.
Veniamo accolti dal vicesindaco che, seguito dallo sguardo attento di alcuni soldati in presidio ad un check point volante, ci accompagna a cenare.
La mattina abbiamo la possibilità di intrattenerci col sindaco di Idil, Resul Sadak,, fratello di Selim, già in abbigliamento tradizionale per il Newroz. Da parte sua passare quasi un’ora con noi, nel giorno più importante dell’anno, è sicuramente un gesto di grande cortesia e rispetto. Egli ci rende parte della situazione drammatica che vive il suo comune, povero come povera è tutta la regione, nel quale mancano investimenti e manca drammaticamente il lavoro. Sadak ci informa anche delle continue pressioni esercitate dalle forze di polizia la municipalità. Parole e sensazioni che sono confermate dall’ agguerrito intervento del Presidente locale del BDP, ex sindaco di Silopi

NEWROZ
Era il 612 AC, il Kurdistan era governato da un tiranno, Dohok, che aveva 2 serpenti sulle spalle, che si cibavano dei cervelli di giovani scelti nelle famiglie più povere. Un giorno il fabbro Kawa, aiutato dall’intera popolazione, riuscì ad uccidere il tiranno e a liberare il suo popolo da questa orrenda schiavitù. Per avvisare tutti gli abitanti della libertà conquistata accese tanti fuochi sui monti: era il 21 marzo, il primo giorno di libertà.
Per questo motivo il Newroz (new-nuovo, roz-giorno) è il capodanno kurdo, festa di libertà e di giustizia per tutti i kurdi. Una festa a lungo proibita, con tantissimi scontri con la polizia, vittime, arresti, sparizioni.
A Idil il Newroz, si festeggia tra strade polverose e case molto povere, a volte semplici baracche. Arriviamo nel piazzale dove si tengono le celebrazioni: dopo aver passato gli usuali filtri della polizia, aver avuto il consueto servizio fotografico da parte degli agenti dei servizi appostati sui tetti intenti a filmare e fotografare tutti. Possiamo finalmente immergerci nella gioia di questo nostro primo Newroz. Una festa molto militante, un piccolo grande mare di persone (circa 15000) dal quale spuntano a volte bandiere del PKK e piramidi umane di ragazzi intenti a innalzare gigantografie di Ocalan e altre icone del movimento kurdo; col volto coperto dalle keffie per non farsi riprendere dalla polizia , che potrebbe arrestarli in ogni istante. I colori vietati: rosso, verde e giallo inondano di luce la piazza polverosa.Il momento più toccante è il minuto di raccoglimento dedicato ai martiri: in un silenzio completo 15000 mani alzate con le dita a W quella lettera dell’alfabeto kurdo che non esiste in quello turco , che compone la parola NEWROZ, quella lettera insieme ad altre 4 che è vietato usare e che qui riempie il cielo , è sherildan , ribellione , lotta al tiranno , desiderio di libertà. Poi si accende il fuoco, fuoco di libertà, di speranza, di un nuovo giorno. Dal palco si alternano le autorità e i cantanti , la festa arriva al culmine , si fanno volare le colombe bianche in segno di pace e fratellanza. Anche noi saliamo sul palco, emozionati e contenti di condividere lo stesso desiderio di pace, libertà, rispetto delle diversità . Incrociamo storie grandi, immense di donne, anziani e bambini, storie di guerra e sofferenza, di violenza, tortura e carcere, storie di lotta che ti aprono la porta verso una grande possibilità di liberazione collettiva. Ci abbracciamo, balliamo insieme, ci perdiamo tra la gente che ci calca addosso la propria umanità , che non dovremo mai dimenticare, soprattutto al nostro ritorno. Alla fine della festa ci ritroviamo insieme ad una moltitudine di bambini, ragazze, donne che ci salutano per l’ultima volta.. chissà se domani qualcuno sarà arrestato , qualche bambino incarcerato.. questo è il pensiero di tutti noi mentre stringiamo mani, diamo baci e abbracci . A Idil il newroz è permesso da soli 5 anni , prima lo si festeggiava lo stesso , ma finiva in un bagno di sangue.

ULUDERE
Nel tardo pomeriggio riprendiamo la nostra marcia in direzione di Uludere, villaggio di confine a circa 1800 metri s.l.m.. Il viaggio questa volta ci da la netta sensazione di addentrarci in una zona di guerra: siano costretti a fermarci ai frequenti posti di blocco: imponenti con presenza di mezzi corrazzati, mitragliatrici posizionate, trincee di difesa e soldati kurdi mandati a combattere contro il proprio popolo che forse vorrebbero essere altrove.
Arriviamo ad Uludere in tarda sera e l’accoglienza in casa di alcuni militanti del BDP è sontuosa e molto onorevole. La mattina dopo, uscendo dalla casa non possiamo non notare la presenza di alcuni guardiani di villaggio con gli AK-47 a tracolla e abbiamo netta la sensazione di essere in pieno in un territorio difficile, come difficile e coraggioso deve essere qui, in una comunità piccola (11000 abitanti) il lavoro dei compagni del BDP.
In casa della sindaca di Uludere, Sukran Sincar, abbiamo modo di approfondire la realtà di questo comune e subito veniamo a conoscenza di alcune cose molto interessanti e di una realtà comunque molto difficile. La sindaca ci comunica l’inaugurazione di un centro culturale con libreria per i giovani del villaggio, la prima opera pubblica realizzata dall’amministrazione del BDP dopo anni di malgoverno e abbandono e la sua idea di promuovere l’occupazione femminile grazie ad una serie di progetti di cooperazione con l’Italia e che vanno dalla creazione di cooperative tessili alla produzione per la distribuzione di squisite confetture di noci prodotte esclusivamente ad Uludere. La signora Sincar ci parla di un comune di 11.000 abitanti nel quale le autorità turche ne hanno censite soltanto 7000 per tagliare i fondi a disposizione dell’amministrazione del BDP e di un comune nel quale le montagne sono chiuse al pascolo per motivi militari (e dove in inverno sono stati uccisi due ragazzi rei di contrabbandare un cartone di sigarette dall’Iraq) e questo contribuisce non poco alle difficoltà economiche di una realtà nella quale la pastorizia è l’attività economica dominante. Prima di andare insieme a festeggiare il Newroz, consegnamo a Sukran una lettera del Sindaco Bernardini, forse l’ultimo atto ufficiale in qualità di primo cittadino di SSecondo. Una lettera di auguri e solidarietà verso una giovane donna , che in un paese dominato dal maschilismo , è riuscita ad essere eletta. Altra particolarità è la prima volta in assoluto che ad Uludere vince il partito filokurdo del BDP ed è per questo che è anche la prima volta che è stata richiesta la delegazione di pace al Newroz. Noi siamo i primi stranieri che partecipano alla festa insieme ai tanti kurdi. Per noi è un onore essere là e la lettera di Roberto da ulteriore forza e coraggio a Sukran , che legge la traduzione in turco a tutti i suoi collaboratori . E’ un momento di grande affetto e amicizia, che però non deve finire qui.
Ad Uludere abbiamo avuto anche l’onore di incontrare Mehmet Kaçan, Profugo del Campo di Mahmura e membro dei Gruppi di pace che nell’autunno del 2009 sembrarono poter aprire una nuova stagione di pace e di dialogo con la Turchia e porre fine alla guerra trentennale che insanguina queste terre. Con lui abbiamo potuto ripercorrere quella straordinaria esperienza che, purtroppo, oggi è rimasta impantanata a Diarbakyr e non ha potuto raggiungere i palazzi del potere di Ankara vista l’assoluta mancanza di volontà del governo turca di presentare una qualsiasi proposta politica di risoluzione della questione kurda.
Durante il nostro soggiorno ad Uludere abbiamo avuto modo di incontrare la popolazione di questo piccolo villaggio, attraverso persone che, spontaneamente, si sono avvicinate a noi per raccontare la propria storia. In particolare, ci colpisce la testimonianza di un ragazzo, un ingegnere di circa 30 anni, che , in inglese, cerca di raccontaci quanto avviene nella città.
Veniamo quindi a conoscenza degli argomenti e delle tematiche quotidiane che più stanno a cuore a queste persone, prima fra tutte la questione carceraria. La certezza di poter essere detenuti ingiustamente, così come la certezza delle torture di cui sono protagonisti i detenuti, si accompagnano all’inesorabile impunità delle forze di polizia. Forse proprio per questo il piccolo campo dove si svolge in Newroz è circondato non solo dalla forze dell’ordine, ma anche da curdi che non trovano il coraggio di parteciparvi, per paura di poter essere i prossimi a finire tra le mani della polizia turca.
Ci viene detto che negli ultimi anni non ci sono stati dei miglioramenti, ma solo dei cambiamenti: sembrano diminuiti gli omicidi, ma sono aumentate le incarcerazioni, delle quali troppo spesso sono protagonisti giovani e bambini, ai quali vengono date delle pene spropositate.
La vittoria del BDP alle ultime elezioni è però sintomatico di un cambiamento in atto: una donna è stata eletta sindaco di questa piccola città, le giovani coppie hanno ricominciato a dare nomi curdi ai propri figli. Ma quanto può durare questa situazione prima che avvenga nuovamente un intervento del governo turco?
Mentre parliamo con il ragazzo, ci ritroviamo circondati da anziani che, attraverso il giovane, sono in cerca di spiegazioni: ci chiedono del perchè l’Europa non muova un dito per venire incontro alla questione curda, domandano chiarimenti su quanto avvenuto poche settimane prima in Belgio, dove è stato chiuso il canale televisivo RojTv.
In particolare, ci colpisce la dichiarazione di un anziano: «noi non vogliamo andare sulle montagne» afferma, «ma non ci lasciano altra scelta». Si ripete in questo modo la realtà drammatica che pone troppo spesso la popolazione curda di fronte ad una scelta: cercare di muoversi politicamente attraverso partiti politici ed associazioni che spesso hanno vita breve e che si concludono con l’incarcerazione dei vari leaders e sindaci, oppure partire per le montagne e unirsi al PKK. L’anziano cerca di renderci partecipi all’amore che lega il popolo curdo alla propria terra. «Quando è stato creato il mondo» racconta «gli uomini andarono ad abitare sulle colline, in pianura, vicino ai fiumi. Le Montagne erano disabitate, e questo le gettava in una profonda tristezza. Un giorno, stanche della propria condizione, chiesero a Dio di poter essere abitate da qualcuno. Egli allora creò i curdi, il popolo delle Montagne, perchè queste non si sentissero mai più sole».
Il Newroz si svolge in un campo sterrato sotto un sole cocente. Sentiamo i discorsi della Sindaca di Uludere, di Hasip Kaplan (deputato del BDP alla Grande assemblea nazionale) e di altri esponenti del BDP, circondati dalla folta presenza di forze di polizia. Nel pomeriggio escursione nella bassa valle dell’Habur costeggiando il confine con l’Iraq: le cannonate dirette ai campi della guerriglia, la costante presenza di mezzi militari e la distruzione alla quale è sottoposta questa valle, anch’essa vittima del genocida programma di costruzione delle dighe che intende consegnare alla Turchia le chiavi dei bacini idrici del Medio Oriente obbligando migliaia di persone all’esodo ci da la misura di una devastazione impressionante.

L’ultima tappa di Newroz è quella di Sirnak,
Sirnak significa città di Noè (Sir-città, Nak-Noè), è nella regione del Botan, ai confini con la Siria e l’Iraq, è circondata dai monti Gabar, tra cui svetta il Cudi, dove qualcuno racconta esserci l’arca di Noè.
I monti, però, non hanno foreste, ora stanno ricrescendo giovani pianticelle, né villaggi, sono spogli e disabitati. I militari turchi , dalla metà degli anni 80, hanno fatto terra bruciata di questi posti incantevoli: occorreva snidare i guerriglieri del PKK (Partito dei lavoratori kurdi).
Non contenti di aver distrutto questo ecosistema , hanno anche raso al suolo 38 villaggi su 42, impedendo per sempre il ritorno dei legittimi abitanti , perché hanno cosparso il terreno di mine antipersona.
Prima degli anni 90 era molto piccola, poi sono arrivati gli sfollati dai villaggi distrutti, quindi c’è stata una urbanizzazione forzata con tutti i relativi problemi.
Dal 2004, è retta dal DTP ora BDP, partito democratico filo kurdo, inviso al governo, tanto che a dicembre 2009 il DTP è stato forzatamente ed immotivatamente chiuso e moltissimi suoi esponenti anche ora sono detenuti .
La discriminazione dei kurdi si vede in mille aspetti della loro vita quotidiana, è una scelta premeditata del governo, il cui operato è condizionato pesantemente dai militari. Infatti, questi ultimi detengono, ovviamente, il potere militare; ma anche quello economico, perché hanno realizzato una sorta di multinazionale comprendente banche, industrie, ecc. chiamata OYAK, esentasse; e quello politico, perché esprimono pareri insindacabili e riconosciuti dalla costituzione su ogni decisione che riguardi la sicurezza dello stato. Sirnak, a oltre 1600 metri, è il cuore della guerriglia kurda e non è un caso che questo sia il centro dove più forte, massiccia ed invasiva è la presenza delle truppe turche, sia con cecchini appostati sui tetti accanto a telecamere atte a filmare i partecipanti alla celebrazione per poter poi permettere alla polizia di arrestare tutti coloro che, anche solo a gesti, saranno considerati colpevoli di dare sostegno alla guerriglia e quindi punibili con anni e anni di carcere. Il Newroz si svolge in una piazza blindata ma nemmeno decine di cecchini con sinistri passamontagna e mitra puntati sulla folla, telecamere e reparti celere possono impedire a questa gente di rivendicare la loro identità e urlare in faccia all’oppressore la loro voglia di giustizia e libertà. Anche qui comunque, al contrario di altri anni, la piazza rimane tranquilla e tutto va per il meglio. Gli arresti saranno compiuti in un secondo momento, lontana la solidarietà internazionale e l’attenzione mediatica. Non scorre sangue nelle strade, questo è comunque il risultato più importante. I tre newroz a cui abbiamo assistito sono stati caratterizzati da una grandissima presenza femminile: donne belle, fiere, coraggiose e regali, nei loro vestiti tradizionali colorati e brillanti. Donne che non vogliono sentirsi escluse, che lottano per rivendicare i propri diritti, donne che , come dice Leyla Zana , sono il fuoco: se ci si avvicina in maniera giusta, ci si scalderà, ma se lo si fa nel modo sbagliato ci si brucia,donne tre volte discriminate , in quanto kurde, in quanto proletarie, in quanto donne. Ma donne orgogliose di essere kurde nonostante tutto!

Hasankeyf e la diga Ilisu
Hasankeyf è un villaggio curdo nel triangolo compreso tra Diyarbakir, Batman e Mardin, nella Turchia sud orientale; è un museo all´aperto di 12mila anni, arroccato sulle sponde rocciose del Tigri. Le sovrapposizioni di civiltá e culture dell'intera regione si mostrano nelle tracce di antichissimi insediamenti umani, con le centinaia di grotte, nell'elegante minareto della moschea El-Rizk e, sulla riva opposta, le tombe monumentali, una cupola su cui sono visibili le tessere di ceramica azzurra che ricordano la vicina arte persiana. Oggi tra le vestigia di Hasankeyf vivono pastori e agricoltori curdi, ma anche artigiani, venditori di souvenir, e qualche ristoratore, di fronte ad una vista mozzafiato.
Nel 1954 il governo turco ha iniziato ad elaborare il progetto di una diga, Ilisu, che una volta completata sommergerebbe Hasankeyf sotto 30 metri d´acqua.
La diga Ilisu fa parte del progetto Gap, Progetto Idrico per l'Anatolia Sud-Orientale, che prevede la costruzione di dighe e centrali idroelettriche lungo l'alto corso del Tigri e dell'Eufrate. Dal 1980 alcune dighe sono giá state costruite e 320 villaggi evacuati, molto spesso con metodi discutibili. La mancanza di finanziamenti ha però fatto slittare l'inizio dei lavori di Ilisu fino a quando, negli ultimi anni '90, alcune banche europee si sono dette interessate a finanziare il progetto.
Il governo turco riprende il progetto, sostenendo di voler terminare i lavori della diga entro il 2014. Ilisu sará la seconda diga del paese, con una capacitá di circa 12 MW e una superficie di 313 km2, sommergerá 6mila ettari di terre arabili e il bacino idrico che si formerá inonderá una valle lunga 136 km, con una produzione di 3833 Gwh l'anno per 300 milioni di dollari di ricavi. Il rovescio della medaglia è ovviamente drammatico: oltre 289 siti d'inestimabile valore archeologico verranno spazzati via e più di 200 insediamenti umani saranno sommersi, costringendo in tutto 55mila persone allo sradicamento, alla perdita del lavoro, delle case o al trasferimento forzato in altre zone del paese, esposte all'esclusione sociale e all'emarginazione. Inoltre Ilisu nascerá a soli 65 km dal confine con la Siria e l´Iraq, dove il controllo delle acque del fiume da parte della Turchia avrá particolari ripercussioni su equilibri geo-politici giá delicati e sulle popolazioni civili.
Oggi gli istituti di credito europei che avrebbero dovuto finanziare il progetto si stanno ritirando: le agenzie di credito all'export, inviate dalle singole banche, hanno fatto verifiche in Turchia e hanno riscontrato che il piano operativo proposto da Ankara non è adeguato agli standard europei. Così si è per ora bloccata la costruzione dell'invaso. Ma il governo di Ankara non si arrende: la diga Ilisu deve essere realizzata prima possibile.

La mattina abbiamo modo di esplorare questo straordinaria città nella pietra e non possiamo non notare come in uno Stato normale un posto come questo potrebbe essere fonte di reddito per tutto il territorio oltre che richiamo turistico per molte più persone di quelle che attualmente visitano l’area. Nel pomeriggio del 22 marzo abbiamo preso parte all’annuale manifestazione di protesta contro la costruzione della diga, nel corso della quale, autorità locali e gli esponenti delle delegazioni internazionali (Italia, Paesi Baschi, Germania, Francia) hanno piantato degli alberi lungo le rive del Tigri per simboleggiare la volontà di dare un futuro a questa terra..
In un bar di Hasankeyf incontriamo un padre che ha suo figlio in prigione da settimane ad Amed con la solita accusa di partecipazione ad una manifestazione illegale: “ Mio figlio si chiama Dilbirin Yesil, ha 17 anni, è detenuto nel carcere di tipo E di Diyarbakir. E’ stato arrestato a Batman a metàfebbraio 2010 Aveva preso parte ad una manifestazione di protesta ed è stato arrestato successivamente a causa di una foto segnaletica. Non ha il permesso di ricevere cibo o oggetti personali da parte della sua famiglia. Non è stata ancora fissata la data del processo. Al momento dell'arresto è stato picchiato da 10 poliziotti ed ha il volto ed il corpo pieno di ecchimosi e tumefazioni. Ho potuto incontrarlo solo una settimana dopo l'arresto.Sua madre, già sofferente di cuore,sta avendo un peggioramento del quadro clinico generale Dilbrin denuncia problemi di natura psicologica collegati alla detenzione”

Il ritorno serale a Amed pone fine al viaggio della nostra delegazione. Una settimana nella quale abbiamo percorso centinaia di chilometri, abbiamo attraversato, villaggi, città, montagne, incrociato vite e passione…guadagnando una sempre più grande passione per questa straordinaria storia, per questo esempio di lotta e Resistenza del XXI secolo
Ora che siamo tornati in Italia sentiamo il dovere morale di raccontare la nostra esperienza al fianco di un popolo fiero, coraggioso, che spera in una soluzione pacifica con l’aiuto della comunità internazionale: non possiamo passare sotto silenzio le condizioni delle migliaia di minori incarcerati senza motivo , le sparizioni, le distruzioni di villaggi, la pratica fratricida delle guardie di villaggio, le continue violenze ed intimidazioni che subiscono i difensori dei diritti umani sia turchi che kurdi, le condizioni di inumano isolamento di Ocalan.
Crediamo che ci sarà democrazia in Turchia solo quando l’identità ed i diritti dei Kurdi saranno pienamente rispettati. Attraverso questo semplice rapporto vogliamo dar voce alle loro voci, sempre inascoltate, vogliamo credere che il silenzio assordante che permea la questione kurda in Italia e in Europa finalmente si spezzi per portare avanti le richieste di giustizia, democrazia, libertà di venti milioni di nostri amici, compagni, fratelli: i Kurdi.

Marzo 2010:
Delegazione italiana a Uludere, Idil e Sirnak nel Kurdistan turco, in occasione del Newroz 2010: Nelly Bocchi , Francesco Barbieri, Federico Maccagni, Lucia Mielli, Giulia Sabella, Carlo Pallavicini , Alessandro Binelli, Niccolò Cuppini, Fabio Testasecca

Fotografie del Newroz 2010 di Lucia

Road to Kurdistan: Reportage Project from Newroz 2010


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ultimo aggiornamento: 16-Nov-2011